Decreto Lavoro: novità per il contratto a termine

Il Decreto Lavoro interviene sulla normativa dei contratti a termine, ampliando le casistiche che ne consentono l’utilizzo.

Fino all’emanazione del decreto, erano in vigore le previsioni del precedente decreto “Dignità” del 2018 che aveva previsto:

  • che al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata massima di 12 mesi senza bisogno di apporre una causale
  • che il contratto può essere rinnovato per un massimo di 24 mesi per 4 volte, solo specificando la motivazione del termine che deve rientrare in una delle seguenti causali:
    • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori
    • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria
    • specifiche esigenze previste dai contratti collettivi.

Con il nuovo decreto Lavoro viene data più rilevanza alla contrattazione collettiva, modificando le causali che consentono di stipulare contratti a termine di durata compresa tra 12 e 24 mesi. Con il nuovo decreto le causali sono le seguenti:

  • per esigenze previste dai contratti collettivi
  • per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, individuate dalle parti, in caso di mancato esercizio da parte della contrattazione collettiva, e in ogni caso entro il termine del 31 dicembre 2024
  • per sostituire altri lavoratori.

Spazio quindi ai contratti collettivi e, in mancanza, all’accordo tra le parti.

Per il resto, occorre ricordare che:

  • comunque il contratto a tempo determinato per mansioni riferibili allo stesso livello della categoria legale di inquadramento, non deve superare limite dei 24 mesi;
  • le proroghe possibili, in un arco temporale di 24 mesi, restano 4;
  • la possibilità, legittima, dello “sforamento” del termine finale del contratto resta: essa è pari a 30 giorni per i rapporti fino a 6 mesi e di 50 giorni per quelli che hanno una durata superiore. Ovviamente, l’impegno ulteriore va remunerato con un aumento della retribuzione pari al 20% fino al decimo giorno e del 40% per quelli successivi;
  • nulla è cambiato per quel che concerne i contratti stagionali le cui attività sono individuati dal D.P.R. n. 1525/1963 e dalla contrattazione collettiva, anche aziendale;
  • nulla è cambiato in ordine alla percentuale massima di contratti stipulabili e delle eccezioni previste;
  • nulla è cambiato per quel che riguarda l’apparato sanzionatorio.
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