Una recente massima dell’Associazione Italiana dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ci consente di ritornare sull’argomento delle note di variazione Iva e, in particolar modo, dei termini entro i quali è possibile rettificare in diminuzione la base imponibile e l’imposta con una nota di credito.
Le regole sono contenute nell’art. 26 del Decreto Iva, che distingue due casistiche:
- la rettifica può essere fatta in qualsiasi momento, quando l’operazione viene meno in tutto o in parte o se ne riduce l’ammontare imponibile a seguito di:
- dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, rescissione e simili
- in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente
- la rettifica può effettuarsi solo entro un anno dall’effettuazione dell’operazione se i fatti di cui al punto precedente si verificano a seguito di sopravvenuto accordo tra le parti.
Quindi la normativa prevede che non vi sia limite di tempo nella rettifica per quelle situazioni in cui la rettifica stessa sia già prevista originariamente dal contratto oppure derivi da un evento non scaturente dall’accordo tra le parti.
Quando la rettifica deriva da un accordo tra le parti, invece, il limite entro il quale l’Iva può essere recuperata è fissato in un anno. Decorso detto termine è sempre possibile emettere la nota di credito, ma questa non potrà intaccare l’Iva ormai dovuta e versata.
L’AIDC interviene su questa norma con una sua interpretazione, affermando che la limitazione ad un anno del termine per gli accordi sopravvenuti tra le parti non riguarda il caso in cui intervenga un accordo transattivo a composizione di una documentata controversia, anche solo potenziale, riguardante il corretto adempimento delle obbligazioni contrattuali assunte dal cedente del bene o dal prestatore del servizio.
Quando la contestazione riguarda il fornitore, quindi, e la stessa si compone con un accordo transattivo, il limite di un anno non si applica.